La Sentenza della V sez Consiglio di Stato n. 0489/2023 pubblicata in data 21.04.23 è destinata a creare una lunga scia di polemiche e cambiamenti nel mondo delle certificazioni volontarie, con ripercussioni sia nelle gare d’appalto in corso, sia nelle politiche e nelle strategie commerciali degli Organismi di Certificazione.
Si disputa in merito alla Spendibilità, in una gara d’appalto pubblica, di una certificazione ISO 27001 emessa dall’Organismo di Certificazione SOCOTEC, accreditato UKAS, dopo la Brexit.
Il CdS ha disposto, mediante ordinanza collegiale, di richiedere parere motivato ad EA (European Accreditation) in merito all’equiparazione di UKAS agli organismi di accreditamento relativamente alla “spendibilità nelle pubbliche gare” delle certificazioni emesse.
European Accreditation (EA), è l’organismo europeo deputato alla regolazione e alla vigilanza nel settore del sistema degli accreditamenti delle certificazioni volontarie, i pareri di tale organismo non possono essere sindacati da parte dei Tribunali e dalle Corti degli stati membri, e le sue pronunce in merito al perimetro e la validità degli accordi sottoscritti, nell’ambito dell’Unione Europea, sono da considerarsi interpretazione autentica.
EA ha depositato relazione dettagliata in risposta ai quesiti del Consiglio di Stato, con traduzione asseverata in data 30.01.23.
Il quesito proposto dal Tribunale ad EA era il seguente: “se lo status di membro della EA riconosciuto ad UKAS lo renda equiparabile agli organismi di accreditamento nazionale ai sensi e per gli scopi del regolamento (CE) n. 765/2008 di cui all’art. 62 della Direttiva 2014/25/UE dei settori speciali ed all’art. 87 del D.Lgs. n. 50/2016 e se le certificazioni di qualità ad esso riferite possano o meno ritenersi validamente riconosciute nell’UE e spendibili nelle pubbliche gare ai sensi del medesimo regolamento 765/2008”
La risposta di EA è stata la seguente: “Per quanto attiene all’equiparabilità dello status di membro della EA riconosciuto ad UKAS alla designazione di organismo di accreditamento nazionale (NAB) ai sensi e per gli scopi del regolamento (CE) n. 765/2008, la risposta è NO.
La stessa risposta trova applicazione anche ove si consideri l’accordo multilaterale EA Multilateral Agreement (EA MLA) sottoscritto tra UKAS e gli altri organismi di accreditamento nazionale membri della EA. Per quanto riguarda la possibilità che le certificazioni di qualità (o altre attestazioni) rilasciate da un organismo di valutazione della conformità accreditato UKAS possono essere riconosciute come conformi al regolamento (CE) n. 765/2008, la risposta è NO.
Spiegazione: il regolamento (CE) n. 765/2008 definisce il quadro giuridico per l’organizzazione e il funzionamento del sistema europeo di accreditamento. Ai fini del predetto Regolamento si intende per “organismo nazionale di accreditamento l’unico organismo che in uno Stato membro è stato autorizzato da tale Stato a svolgere attività di accreditamento”. Poiché il Regno Unito non è più uno Stato membro dell’UE, l’UKAS ha cessato di essere un organismo nazionale di accreditamento ai sensi e per gli scopi del Regolamento (CE) n. 765/2008. Pertanto, i certificati UKAS non saranno più considerati una prova di “accreditamento” ai sensi del Regolamento (CE) n. 765/2008 nell’UE e i certificati e i rapporti emessi dagli Organismi di Valutazione della Conformità (CAB) accreditati da UKAS non sono più riconosciuti dal sistema normativo dell’UE a decorrere dal 1° gennaio 2021, ad esempio gli Organismi Notificati ai fini della Marcatura CE, del Sistema di Scambio di Emissione dell’UE, dei Regolamenti dell’UE in materia di alimenti e mangimi, del Regolamento in materia di sicurezza informatica dell’UE denominato Cybersecurity Act e di altre normative dell’Unione Europea”.
EA ha ritenuto, di fatto, che le certificazioni di qualità rilasciate da organismi accreditati da UKAS non siano conformi al regolamento n. 765 del 2008.
Il CdS, nell’acquisire tale parere ha motivato la decisione dell’appello, specificando che “nell’ambito della particolare materia dei pubblici appalti, i certificati rilasciati da soggetti a loro volta accreditati da organismi appartenenti a Paesi extra UE non conservino ulteriormente validità al fine di partecipare a gare o comunque di ottenere simili punteggi premiali: ciò che si registra nel caso di specie proprio per effetto della c.d. BREXIT. Questo sistema limitato, o se si preferisce “chiuso”, per come descritto dalle direttive UE e dagli atti nazionali di attuazione fa sì che in ordine al settore degli appalti pubblici non ha pregio la qualità di membro effettivo EA (stato di full member) in capo ad UKAS, né la circostanza che quest’ultimo abbia stipulato specifici accordi multilaterali con EA (MLA, ossia Multilateral Agreements).”
Il CdS specifica che non si mette in discussione l’affidabilità dei certificati UKAS all’interno del libero mercato o la validità degli accordi bilaterali o multilaterali sottoscritti, ma semplicemente la loro spendibilità negli appalti pubblici, specificando che gli accordi tra UKAS ed EA hanno valore negli ambiti volontari ma non per quelli obbligatori (normati da leggi o regolamenti comunitari)
Nel rispondere alle eccezioni formulate, il Giudice si è espresso anche in merito alla comunicazione ANAC del 09.06.21, nella quale ai fini del rilascio delle attestazioni SOA, si equiparano gli organismi di certificazione che hanno stipulato determinati accordi multilaterali, e alla successiva comunicazione del 22.12.22 che estende tale equivalenza anche alle certificazioni di cui all’art. 87 del codice degli appalti, affermando l’inconferenza di tali comunicazioni nelle quali tale ”assimilazione viene operata in modo alquanto generico ossia senza specificarne le effettive ragioni che ne sarebbero alla base”.
Infine, il collegio giudicante, nel motivare la propria decisione conclude che, in base alla risposta fornita da EA, che “i certificati emessi da enti accreditati da UKAS non hanno più valore nelle procedure di gara per appalti pubblici”.
Per chi lavora nel settore, questa Sentenza è una vera e propria esplosione devastante, qualcosa destinata ad influenzare profondamente il mercato delle certificazioni, a bloccare gli appalti in essere con centinaia di ricorsi, a provocare una rincorsa disperata al cambio di Organismo di Certificazione. Tanti, scenari difficili da prevedere, in ogni settore, considerando che il Consiglio di Stato non ha lasciato fuori neanche le attestazioni SOA. Mentre EA si è affrettata ad includere nel proprio parere anche le Marcature CE, il Sistema di Scambio di Emissione , i Regolamenti dell’UE in materia di alimenti e mangimi, il Cybersecurity Act ed ogni altra normativa dell’Unione Europea.
Questa Sentenza avrà un peso determinante anche a livello internazionale, se si considera che, secondo i dati forniti da Accredia (rif. ISO Survey 2021) al 31.12.2021, l’Italia è il secondo paese al Mondo per certificazioni volontarie il primo nell’Unione Europea con oltre 135.000 certificati emessi pari al 7% dei certificati mondiali e di questi, una percentuale notevole è emessa sotto accreditamento UKAS o di altri Organismi di Accreditamento esterni all’UE.
Se, per un organismo come il Consiglio di Stato, si può immaginare che non abbia potuto considerare (o non abbia compreso) l’impatto di una decisione del genere, certamente per l’European Accreditation è stato un prezioso assist per consolidare le proprie politiche di chiusura e rinforzo delle posizioni di intransigenza verso la Gran Bretagna da un lato e dall’altro verso un Sistema di Certificazioni che sembrava non aver subito particolari contraccolpi a seguito della BREXIT, estendendo il proprio parere anche ad altri aspetti come le emissioni o la cyber security che non erano inclusi nella richiesta di parere del giudicante.
Per chi come noi opera nel settore, non resta altro da fare che attendere ed osservare le inevitabili ripercussioni: dai primi organismi SOA che cominceranno a richiedere certificazione ISO accreditate in UE, a qualche solerte funzionario INAIL che sospenderà l’accettazione degli sgravi per l’OT23 in attesa di chiarimenti a fronte certificati UKAS; da centiania di gare bloccate da ricorsi, alla perdita di fondi da finanziamenti europei per non essere riusciti in tempo ad assegnare gare; dalla corsa agli accreditamenti ACCREDIA dei grandi Organismi di Certificazione alla chiusura di tanti piccoli Organismi con accreditamento extra UE.
Un evento che molti prevedevano sarebbe accaduto e che per tanti si trasformerà in una preziosa opportunità. Ma, invece di aspettare altre Sentenze ed anni di battaglie, soldi pubblici buttati e imprenditori in rovina, non sarebbe opportuno chiarire e normare subito questi aspetti?
Il multilateral agreement è stato sottoscritto per la disciplina del settore delle certificazioni a livello mondiale, per dare sicurezza al mercato ed alle organizzazioni che vogliono certificarsi, ai loro clienti e stakeholders. In quest’ottica la posizione di EA è quantomeno discutibile ed anacronositica.
Tuttavia, va detto che il mercato delle certificazioni è fuori controllo, che spesso si incontrano organizzazioni in possesso di tutte le certificazioni possibili che non hanno mai incontrato un auditor che li verificasse, certificazioni “comprate” solo per partecipare ad appalti o garantirsi clienti di prestigio, oltre a tante altre situazioni che evidenziano un settore sofferente ed incapace di garantire certezza circa le certificazioni emesse.
Sarebbe necessario un rigoroso cambio di direzione, che dovrebbe partire dagli Organismi di Accreditamento (NAB) che conoscono le realtà presenti sul territorio e il contesto in cui operano gli organismi di certificazione, stimolando cambiamenti degli accordi e delle normative, senza tuttavia fare esclusioni sulla base della nazionalità del certificatore o tradendo i principi del MLA, ma aumentando i controlli e rinforzando le sanzioni.
Questa Sentenza potrebbe essere un’opportunità per cambiare il Sistema e per tornare a garantire valore ai certificati emessi, sarebbe un peccato sprecarla.
Marco Sergio